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Boschi Strutturali

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Boschi Strutturali

il gen 03 2025
Negli ultimi anni molti agricoltori hanno cominciato ad abbandonare la coltivazione di ortaggi annuale per le specie arboree, passando così a colture di alberi con valenza pluriennale. Molte sono le ragioni che hanno spinto verso questa scelta, per esempio: Forniscono foraggio per il bestiame e per gli animali selvatici Mitigano le condizioni di calore e freddo estremi dell’interno campo Nei pendii ripidi migliorano la stabilità del terreno Grazie alle loro radici profonde abbassano le falde acquifere desalinizzando il terreno Diversificano il raccolto e la coltura rendendo l’agricoltore meno legato agli andamenti del mercato degli ortaggi e dando la possibilità di poter implementare la produzione del campo installando per esempio delle arnie per api da miele e piantando anche alberi da frutto. Forniscono legna da ardere e per la costruzione di prodotti artigianali che serviranno per l’agricoltura o l’allevamento Forniscono riparo per animali da cortile e per gli uccelli che in questo modo aiuteranno il terreno ad essere sempre concimato e ridurranno la presenza di parassiti. Un pollaio sotto agli alberi ci sta proprio bene. A seconda delle caratteristiche del campo e della quantità della forza lavoro a disposizione si potrà decidere tra varie specie e per vari scopi. Per esempio se si volesse avere legname pregiato bisognerebbe mettere degli alberi di noce, pini, pioppi e cipressi, cedro, acacia, quercia, sequoia, ecc. Nel caso si volesse avere legna da ardere si dovrebbe scegliere delle specie a crescita veloce, questo tipo di coltura ha bisogno però di avere a disposizione molto terreno coltivabile per riuscire ad avere una produzione costante e duratura nel tempo. Tutte queste colture avranno bisogno di cura e attenzioni, quindi scegliere di tenere i propri campi con alberi non è del tutto semplice come sembra, sicuramente necessita di minori attenzioni e minori costi rispetto alle colture annuali ad ortaggi e a cereali.
Il Biricoccolo

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Il Biricoccolo

il gen 03 2025
Il Biriccocolo è una nuova pianta ibrida naturale che non esisterebbe in natura. Nasce dall’incrocio tra l’albicocco e il susino mirabolano. La pianta presenta caratteristiche comuni tra i due genitori e il suo nome rievoca appellativi dialettali dell’albicocco. Questa pianta è un vero e proprio albero ad elevato vigore vegetativo infatti raggiunge altezze superiori a i cinque metri di altezza. La sua resistenza al freddo lo rende ideale per la coltivazione in tutto lo stivale. Caratteristiche principali: Tronco: raggiunge un diametro di 25 centimetri Corteccia: Liscia di colore marrone con sfumature di grigio Rami: lunghi quelli annuali con colorazioni marrone scuro, fusto sottile nella parte finale. Gemme a Fiore: i suoi frutti sono distribuiti nella parte centrale e finale del ramo. Foglie: le dimensioni sono di 10 cm di lunghezza e 6 cm di larghezza la forma è allungata e termina a punta Fiori: disposti sul ramo singolarmente o in gruppi di poche unità ha petali di colore bianco e rosato. Frutto: la polpa è tenera e succosa. È una drupa di forma rotondeggiante o leggermente ellissoidale. La buccia è ricoperta da peluria. I primi frutti possono essere raccolti dopo 2 o 3 anni dall’innesco. La polpa è gialla con venature rosse, ha una consistenza tenera e di sapore dolce-acidulo. Fioritura: a partire da metà marzo fino ad aprile Polline: per la caratteristica ibrida di questa pianta il polline è scarsamente auto fecondante, ha quenque bisogno di una pianta fecondatrice come il susino mirabolano. Di questa pianta ne esistono due varietà, la bolognese e la vesuviana. Per sapere di quali cure e trattamenti ha bisogno questo ibrido dovrete seguire le stesse indicazioni che sono previste per il susino. Questa pianta sta avendo molto successo per via delle caratteristiche dei suoi frutti. Ne sentiremo sicuramente ancora parlare in futuro.
Le City Farms

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Le City Farms

il dic 23 2024
Le City Farms Un gruppo locale di cento o più famiglie costituisce un’associazione detta City Farms. Queste famiglie chiedono alle autorità locali la possibilità di sfruttare terreni abbandonati appena fuori dalle zone urbane. Una volta ottenuto lo spazio ha inizio l’attività della City Farms. Ciascuna fattoria cittadina dispone di un piccolo grupo di gestione e di numerosi volontari. Potrebbe perfino esserci un piccolo staff pagato per garantirne la continuità. Sui terreni assegnati si svolgono le seguenti attività, le quali quasi tutte generano un ritorno economico. Lotti di orti sociali e orti dimostrativi Animali domestici tipo conigli, piccioni, polli, pecore, capre, mucche, maiali, cavalli a scopo dimostrativo e per allevamento. I bambini sono spesso coinvolti nella cura degli animali, dopo la scuola. Centro di riciclaggio per attrezzature e materiali da costruzione quali mattoni, finestre, porte, ecc. Operazioni di “Spigolatura” degli eccessi di produzione di orti privati e mercati rionali. Questi sono raccolti, selezionati e rivenduti. Possono essere messi in vendita anche verdure e altri surplus provenienti dagli orti dimostrativi. Vivaio per piante multi-funzionali: ortaggi, arbusti, alberi, ecc. Attività per bambini e per adulti attraverso seminari, dimostrazioni, programmi di formazione, progetti educativi per lo sviluppo di abilità nella gestione di comunità. Vendita al dettaglio di semi, libri, piante e attrezzature. Personale tecnico per lo studio della produzione domestica di energia e per l’installazione di materiali per isolare porte e finestre. Centro di informazione su preparazione del cibo, controllo degli insetti, alimentazione, temi connessi al risparmio energetico domestico, ecc. Perché una City Farms abbia successo sono necessari alcuni elementi essenziali: Ubicazione in zone in cui vi sia un bisogno reale Ampia partecipazione locale Offra un’ampia scelta di servizi sociali alla zona in cui si trova Molte City Farms diventano completamente autosufficienti attraverso la vendita di beni e servizi, oltre al versamento di una modesta quota di partecipazione da parte degli utenti.  A volte, nei primi anni d’avviamento potrebbero rendersi necessari finanziamenti pubblici
Le Erbe Aromatiche

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Le Erbe Aromatiche

il dic 23 2024
Le Erbe Aromatiche Le erbe aromatiche sono delle piante che vale la pena coltivare, anche perché sono facili da mantenere e sono molto utili in cucina. I vantaggi di piantare queste piante, oltre alla facilità, è lo spazio ridotto che richiedono. In più queste piante non sono molto colpite da parassiti e malattie.  Possono essere coltivate anche sul davanzale della cucina, inoltre molte erbe aromatiche si possono conservare per utilizzarle fuori stagione, essicandole, congelandole o preparando degli oli o degli aceti. Se vi state chiedendo che erbe aromatiche scegliere per la vostra aiuola vi diciamo che potete piantare qualsiasi tipo di pianta vogliate, in base ai vostri gusti. Le più usate in cucina sono l’erba cipollina, il prezzemolo, il timo, il rosmarino, la maggiorana, la menta, l’origano e la salvia. Provare anche delle piante aromatiche insolite tuttavia, anche se più difficili da coltivare possono rivelarsi molto interessanti in cucina rispetto ai tipi più diffusi.
Tesi di Laurea I Distretti di Economia Solidale

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Tesi di Laurea I Distretti di Economia Solidale

il dic 23 2024
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTÀ DI ECONOMIA Corso di Laurea in Economia e Gestione delle Imprese edegli Intermediari Finanziari I DISTRETTI DI ECONOMIA SOLIDALE:  ANALISI DELLE NUOVE REALTÀ Relatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Masino Laureando: Nicola Oselladore Anno Accademico 2004 - 2005   INDICE   INTRODUZIONE  Capitolo I  IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE 1.1 Definizione e motivi di un commercio equo e solidale                                        1.2 Obiettivi, criteri e soggetti coinvolti                                                                    Capitolo II I DISTRETTI DI ECONOMIA SOLIDALE    2.1 Perché progetto DES                                                                                          2.2 Percorso verso le Reti di Economia Solidale                                                       2.3 Che cos’è progetto DES                                                                                      2.4 Principi e criteri dei DES                                                                                     2.5 Soggetti promotori e attività dei DES                                                                 2.6 Come si finanzia un DES                                                                                     2.7 Punti di forza e di debolezza dei DES                                                                2.8 Gli attori del mondo etico                                                                                  Capitolo III UN CASO CONCRETO: IL DES DI TORINO                        3.1 I progetti in corso in Italia                                                                                   3.2 Sviluppo del Distretto di Economia Solidale di Torino                                      3.3 Programma di lavoro del DESTO                                                                       3.4 I partner, i rispettivi ruoli e la percentuale di budget all’interno del distretto     Capitolo IV CONFRONTO CON I DISTRETTI INDUSTRIALI               4.1 Analisi situazione Distretti tradizionali                                                                4.2 Rimedi possibili per i distretti                                                                              4.3 Confronto fra i due tipi di distretto                                                                     CONCLUSIONI                                                                                                            BIBLIOGRAFIA                                                                                                             INTRODUZIONE Al termine del mio corso di studi universitari ho deciso di svolgere una tesi su un tema economico di attualità e dopo alcune ricerche ho deciso di affrontare il tema dei Distretti di Economia Solidale. I DES sono la risposta italiana all’evoluzione del commercio equo e solidale Italiano e stanno per essere istituiti in questo periodo nel nostro paese. L’esperienza del Commercio Equo e Solidale (CEeS) nasce all’incirca quarant’anni fa quando, in una piccola città olandese, un gruppo di giovani inaugura la prima world shop (Bottega del Mondo, Bdm), senza immaginare quale straordinario sviluppo avrebbe avuto il movimento del fair trade (tradotto in italiano Commercio Equo e Solidale) negli anni successivi, fino a oggi. Gli obiettivi che, ancora oggi, guidano l’azione del CEeS sono quelli di creare maggiore equità all’interno del commercio mondiale, dando così la possibilità ai soggetti più svantaggiati di poter entrare a far parte del sistema, cosicché possano loro stessi svilupparsi e dotarsi di un sistema economico sano ed efficiente che dia loro la capacità di uscire da una povertà che in alcuni casi ne mina addirittura la sopravvivenza. Questo tipo di commercio è nato in Italia solo negli anni ottanta, per questo motivo il nostro paese in questo campo ha vissuto uno sviluppo meno rapido, ma non per questo ci stiamo muovendo nella direzione sbagliata. Il punto è che con il nuovo millennio si sono aperti scenari diversi e molteplici; al commercio equo infatti appartiene ormai un ventaglio enorme di prodotti, circa settemila, e per questo motivo ormai le botteghe del mondo, che sono sparse in tutta Europa, non ce la fanno più a garantire lo sviluppo di questo commercio, il quale negli ultimi anni ha conosciuto uno sviluppo incredibile. Per questo motivo i principali attori di questo settore, grazie a Rete Lilliput, Gas, ecc, hanno pensato che se veramente cerchiamo uno sviluppo importante e significativo di questa realtà economica bisogna fare il salto di qualità, cioè bisogna uscire dallo stereotipo delle botteghe (che in questi anni sono state l’unico sbocco economico per i prodotti dell’economia solidale), bisogna lanciarsi in un progetto su larga scala che dia la possibilità al commercio equo di aumentare il proprio peso e la propria rilevanza, e dunque di diffondere il più possibile i valori e gli ideali del CEeS, e dia così la possibilità al mondo di commerciare attraverso l’uso di principi equi e solidali. L’Italia dunque risponde al bisogno di ampliamento del mercato attraverso l’istituzione dei distretti di economia solidale, il quale prende spunto dai nostri distretti industriali, i quali sono un’organizzazione economica tipica italiana, che ci ha fatto distinguere nel mondo attraverso il Made in Italy. Questi però negli ultimi anni stanno avendo un momento di forte decrescita a causa del cambiamento delle regole economiche e della depressione che sta attraversando il nostro paese, anche in questo senso i DES potrebbero rappresentare uno strumento interessante al fine di valorizzare e se possibile rilanciare la struttura distrettuale della nostra economia. Quindi nello sviluppare questa mia idea cercherò di analizzare i DES evidenziandone le caratteristiche principali e gli obiettivi, analizzerò inoltre alcuni fra i possibili collegamenti individuabili tra i distretti tradizionali, in particolare in questo periodo di difficoltà, e una nuova idea di distretto rappresentata dai DES. Dal punto di vista metodologico, oltre allo studio e alla rielaborazione della letteratura in materia, la ricerca è stata integrata e approfondita attraverso la partecipazione di convegni che mi hanno dato la possibilità di poter conoscere persone che stanno lavorando per la realizzazione di queste realtà sociali, le quali hanno aiutato lo sviluppo delle idee e la comprensione dell’argomento trattato. Per questo motivo mi sento di dover ringraziare Davide Guidi ed il Professore Mauro Bonaiuti che hanno fatto si che questo lavoro divenisse non solo una ricerca prettamente improntata sullo studio bibliografico, ma anche un lavoro di approfondimento. Nella prima parte viene dunque analizzato il commercio equo e solidale, questo con lo scopo di dare la possibilità al lettore di comprendere a fondo il campo d’azione in cui operano i distretti industriali. Nella seconda parte invece si è voluto analizzare nel dettaglio la realtà costituita dai DES, partendo dalle loro caratteristiche teoriche sino ad arrivare a raccontare nello specifico un caso concreto, il quale ha lo scopo di far capire ancora più approfonditamente gli scopi e le finalità del movimento delle reti. Nell’ultima parte infine si è cercato di allargare il discorso chiamando in causa i nostri famosi distretti industriali, i quali sono stati analizzati ed in seguito confrontati con i DES, dando la possibilità di arrivare a degli spunti di discussione veramente interessanti. CAPITOLO I IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE 1.1 Definizione e motivi di un Commercio Equo e Solidale Quello del commercio equo è un movimento di base, la cui spina dorsale sono i cittadini, non le industrie o le istituzioni ed è concentrato più sul fare che sugli aspetti formali. Non deve sorprendere che esistano varie definizioni di commercio equo e solidale (CEeS) e che solo nell’autunno 2001 il coordinamento informale delle reti di commercio equo, denominato Fine (acronimo che raccoglie l’organizzazione di marchio Flo, la federazione internazionale Ifat, il network delle botteghe del mondo News! E l’associazione dei maggiori importatori europei Efta) abbia raggiunto una sintesi comune: “Il commercio equo è una partnership commerciale, basata sul dialogo, la trasparenza e il rispetto, che mira a una maggiore equità nel commercio internazionale. Contribuisce allo sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali a produttori svantaggiati e lavoratori, particolarmente nel sud, garantendone i diritti. Le organizzazioni del commercio equo, con il sostegno dei consumatori, sono attivamente impegnate a supporto dei produttori, in azioni di sensibilizzazione e in campagne per cambiare regole e pratiche del commercio internazionale convenzionale”[1].  Il commercio equo, infatti, da vita a relazioni commerciali fondate su regole e criteri che pongono in primo piano, non la massimizzazione del profitto, bensì l’instaurazione di relazioni paritarie con i partners dei Paesi meno sviluppati, in modo da avviare, in tali Paesi, processi di sviluppo e di autosviluppo basati sul rispetto delle persone e dell’ambiente. L’attività commerciale vera e propria è affiancata da una continua ed intensa attività di educazione e informazione, volta ad accrescere consapevolezza e attivismo della popolazione civile riguardo tematiche tanto importanti quali la povertà e l’arretratezza dei Paesi sottosviluppati e le cause di tali squilibri. Per comprendere le ragioni per cui si è sentita l’esigenza di creare un sistema così strutturato e quali sono le realtà che il commercio equo, anche attraverso l’istituzione dei Distretti di Economia Solidale (DES), denuncia e si propone di modificare mi soffermerò ad esporre le caratteristiche principali per cui, secondo gli attori del commercio equo e solidale, il commercio internazionale stia recando squilibri all’interno del sistema economico mondiale. Dai dati raccolti nel 1997 infatti si riesce a cogliere che la disparità di reddito tra il quinto della popolazione mondiale che vive nei paesi più ricchi e il quinto che vive nei paesi più poveri è di 74 a 1, mentre era di 60 a 1 nel 1990 e di 30 a 1 nel 1960. Alla fine del 1997 il 20% della fascia più ricca detiene l’86% del reddito mondiale, mentre il 20% della fascia più povera si deve accontentare dell’1%. Il quinto della popolazione mondiale più ricca nei Paesi industrializzati beneficia dell’82% del commercio internazionale e del 68% degli investimenti diretti esteri, mentre il quinto più povero beneficia di un po’ più dell’1%[2]. Dunque, la differenza fra abbienti e poveri cresce all’interno dei singoli stati soprattutto negli ultimi trent’anni, riferisce ancora l’Undp[3], le disuguaglianze sono aumentate in quarantadue Paesi sui settantatré di cui si hanno dati certi (che rappresentano quasi l’80% della popolazione totale) e solo sei Paesi in via di sviluppo (PVS) su trentatré hanno assistito a una diminuzione del divario. Si rafforza sempre più l’idea che l’imputata numero uno dell’inasprimento della disuguaglianza sia la globalizzazione, nel senso liberista impresso a questo fenomeno dalle istituzioni che più di altri l’hanno promosso: l’Organizzazione mondiale del commercio, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale. Una tendenza contestata non solo dai movimenti sociali da Seattle[4] in poi, ma anche da economisti e studiosi, è il caso dell’economista Joseph Stiglitz, premio Nobel nel 2001, dal 1993 al 1997 consigliere economico di Bill Clinton e successivamente per quattro anni numero uno della Banca mondiale, lasciata dopo aver denunciato l’impatto devastante della globalizzazione sui paesi poveri. Infatti nel suo libro[5] Stiglitz traccia un pesantissimo atto di accusa alle organizzazioni internazionali (Fmi in testa) che hanno preso le redini dell’economia e della finanza globale: «Il Fondo monetario internazionale», sostiene Stiglitz, «è rimasto ancorato all’epoca precedente a Keynes. Credo che la globalizzazione possa essere un’opportunità per aumentare il benessere di tutti, ma è necessario ripensare a fondo il modo in cui è stata gestita. Bisogna rivedere gli accordi commerciali internazionali che hanno contribuito all’eliminazione delle barriere al libero scambio e le politiche imposte ai paesi in via di sviluppo»[6]. L’economista nordamericano approfondisce le ricette volute dai fautori del neoliberismo, fatte di tagli alla spesa sociale, di privatizzazioni indiscriminate e di aperture scriteriate al mercato globale. Mette a confronto le politiche di transizione da economie socialiste a quelle di mercato adottate in Russia e in Cina e dimostra che hanno ottenuto migliori risultati proprio quei paesi che non hanno seguito le indicazioni provenienti dalle istituzioni di Washington, infine Stiglitz dice che non bisogna semplicemente modificare le strutture istituzionali, ma che bisogna cambiare proprio il modo di intendere la globalizzazione. Il commercio equo nasce, dunque, per proporre un modello di relazioni internazionali alternativo rispetto a quello della globalizzazione; compie il tentativo di riequilibrare i rapporti tra popolazioni del Nord e del Sud del mondo e lo fa proponendo un modello di sviluppo per queste ultime, non fondato su un programma di assistenzialismo, bensì sulla costruzione di relazioni commerciali paritarie che permettano ai lavoratori dei Paesi in via di sviluppo di riacquistare dignità e di acquisire le conoscenze e le capacità, anche materiali, che permettano loro di avviare progetti di autosviluppo che li renda liberi e indipendenti dai Paesi ricchi. Il movimento del commercio equo e solidale, infatti, trae ispirazione dallo slogan “Trade not Aid” lanciato da UNCTAD[7] durante la Conferenza di Ginevra del 1964, in linea con le nuove idee che in quel periodo stavano maturando circa la cooperazione con i Paesi economicamente svantaggiati: non più solo aiuti allo sviluppo, ma nuove azioni sui dazi doganali per facilitare l’ingresso dei prodotti di tali Paesi nel mercato del Nord del mondo[8]. 1.2 Obiettivi, criteri e soggetti coinvolti Come si desume dalle definizioni, il CEeS mira a migliorare le condizioni di vita dei produttori, specie dei gruppi più svantaggiati, nei Paesi in via di sviluppo questo attraverso relazioni commerciali che sovvertono le normali regole del gioco internazionale e che portino alla costruzione di un rapporto equo e paritario con i partner del Sud, permettendogli in tal modo di avere un maggiore potere di mercato. Il fine ultimo è che i produttori, con l’iniziale appoggio del CEeS, riescano a riscattarsi dalla loro condizione di miseria per avviare processi di auto sviluppo; non vuole essere una forma di assistenzialismo. Per realizzare ciò è necessario compiere un’importante opera di sensibilizzazione e informazione, non solo verso i consumatori, ma anche verso le istituzioni. Per quel che riguarda i primi, il CEeS ha l’obiettivo di far conoscere loro, attraverso la vendita dei prodotti importati, la storia e la vita di produttori lontani, per far prendere coscienza dei problemi che investono milioni di persone e delle possibilità che ciascuno ha di partecipare alla loro attenuazione, anche solo attraverso le proprie scelte di consumo quotidiane. Nei confronti delle istituzioni, invece, il CEeS è impegnato affinché questo modo di fare commercio venga ufficialmente riconosciuto come una forma di cooperazione allo sviluppo e come tale, sostenuta e condivisa. Obiettivo del CEeS è, comunque, quello di ottenere relazioni economiche più eque per tutti, nel Sud come nel Nord, rapporti di lavoro che non violino i diritti fondamentali, rispetto per la persona e per l’ambiente. Tutti i soggetti coinvolti nella catena di produzione e commercializzazione dei prodotti del Commercio Equo, sono tenuti a rispettare alcuni fondamentali criteri, miranti a garantire la realizzazione degli obiettivi del movimento stesso. Gli importatori del Nord devono inoltre garantire ai produttori del Sud un prezzo che consenta loro, e alle loro famiglie, di soddisfare i bisogni essenziali e di accedere a un livello di vita dignitoso. Un prezzo che garantisca non solo la completa copertura dei costi di produzione, ma che contribuisca anche a soddisfare almeno le necessità primarie e che dia la possibilità di accantonare risorse da utilizzare per il miglioramento dei sistemi produttivi o per lo sviluppo di iniziative di carattere sociale; un prezzo, se è possibile, che oltre a coprire l’intero costo della produzione del bene, includa anche i costi ambientali e sociali. Ciò è possibile se il prezzo viene concordato, nell’ambito di un rapporto paritario, dall’importatore con il produttore, l’unico in grado di conoscere perfettamente i costi di produzione sostenuti; non un prezzo, quindi, imposto dagli importatori o dagli intermediari sulla base del loro potere contrattuale e di mercato, come normalmente avviene quando operatori tradizionali si relazionano con partners in posizione svantaggiata. Il CEeS riesce a garantire ai produttori una remunerazione maggiore rispetto a quella tradizionale facendo in modo che una quota maggiore del prezzo finale venga loro assegnata. Perché il CEeS sia veramente efficace bisogna che conti su rapporti continuativi tra importatori e produttori in modo che questi possano programmare la loro attività nel medio-lungo periodo e che si possa instaurare una più stretta collaborazione tra i due operatori, incentivando entrambi a comportarsi nel modo più corretto possibile. Anche per questo motivo le organizzazioni del CEeS concedono ai produttori, al momento dell’ordine, un anticipo sul valore della merce, in genere nell’ordine del 50% del valore complessivo. Questa pratica svolge la funzione fondamentale di fornire ai produttori le risorse necessarie per dare il via alla produzione. Se così non fosse essi dovrebbero intaccare le riserve destinate alla sussistenza, peraltro già scarse, o, ancora peggio, dovrebbero fare ricorso all’indebitamento, rivolgendosi a soggetti esterni ai normali circuiti di credito, che praticano interessi usurai, innescando un circolo d’indebitamento senza fine. Quindi tutte le organizzazioni operanti nel CEeS devono garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori sanciti dalle convenzioni OIL[9], non ricorrere al lavoro infantile o allo sfruttamento del lavoro minorile; non devono, inoltre, operare discriminazioni in base al sesso, l’età, la condizione sociale, la religione, e le convinzioni politiche. I soggetti che fanno parte di questo sistema economico sono i produttori, generalmente sono agricoltori o artigiani sparsi in tutti i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina: si stima che attualmente siano circa 1000 le organizzazioni coinvolte, tra produttori ed esportatori all’origine, per un totale di un milione e 200mila persone al lavoro, contadini, artigiani e tecnici. Ci sono poi le centrali di importazione che curano i rapporti con i produttori, l’importazione e la diffusione dei prodotti presso i punti vendita. Infine ci sono le Botteghe del mondo, che sono organizzazioni senza fini di lucro che fungono da distributori finali per i prodotti del CEeS, ma non solo: parte integrante della loro attività è costituita dall’effettuare opera d’informazione, sensibilizzazione e promozione culturale del consumo socialmente responsabile. Negli ultimi anni si sono aggiunte nuove figure organizzative che hanno lo scopo di dare una spinta maggiore al movimento del CEeS: sono i Distretti di Economia Solidale che attraverso l’utilizzazione di principi propri dei nostri Distretti Industriali Italiani vogliono cercare di dare sfogo alla crescita del Commercio Equo al fine di riuscire a soppiantare il sistema economico voluto dal WTO. CAPITOLO II I DISTRETTI DI ECONOMIA SOLIDALE 2.1 Perché progetto DES  I primi passi che hanno portato a mettere in pratica, in Italia, i principi del CEeS, sono stati fatti dalla Cooperativa Sir John di Morbegno, in provincia di Sondrio, la quale nel 1976 cominciò a importare articoli in juta dal Bangladesh, in virtù dello stretto rapporto con il missionario Giovanni Abbiati, per poi rivenderli attraverso fiere e banchetti; a Bressanone (BZ) nel 1981 venne aperta una bottega collegata alla centrale d’importazione austriaca EZA, grazie ai locali messi a disposizione dalla chiesa cattolica. Una delle tappe senza dubbio più importanti del movimento CEeS italiano è stata la nascita della cooperativa Cooperazione Terzo Mondo (oggi Ctm Altromercato), da cui si staccherà dopo qualche anno uno dei soci (Ferrara Terzo mondo) per dare vita a Commercio Alternativo, che oggi è la seconda centrale di importazione in termini di fatturato. Nel 1991 nacque l’Associazione delle Botteghe del Mondo; altro passo fondamentale per arrivare a promuovere l’idea di DES in Italia è stato fatto nel luglio 1999 quando il Tavolo delle Campagne[10] lancia l’idea di una rete costituita da gruppi di base attivi in Italia sui temi internazionali, cercando di riprodurre su scala locale idee ed esiti che avevano prodotto il Tavolo. Il CEeS è dunque arrivato in Italia in ritardo rispetto ad altri Paesi Europei, ma non per questo siamo oggi a livelli di sviluppo inferiori alle altre realtà; infatti il nostro giro d’affari complessivo è passato da poco più di venti milioni di euro nel 1999 a circa sessanta milioni nel 2003. In meno di tre anni sono nate cento botteghe del mondo (a metà 2003 erano 437 i punti di vendita totali), con una media di una nuova entrata ogni dieci-quindici giorni, inoltre secondo una ricerca Doxa del 2002 più del 23% della popolazione italiana conosce il CEeS. Centrali di importazione, botteghe del mondo, marchio di garanzia: tutti hanno trainato lo sviluppo e l’Italia si è popolata di una serie di gruppi che spontaneamente decidevano di investire denaro, tempo e passione nel commercio equo. Nonostante i progressi fatti e quelli in corso, i limiti del commercio equo in Italia sono molteplici, restano in buona parte attuali i risultati dell’indagine condotta dalla cooperativa Pangea, che riassume così i lati deboli della rete: strutture poco sviluppate, difficile o inesistente rapporto con i media, scarso dinamismo nel reperire risorse umane e finanziarie, poca collaborazione con altri soggetti esterni al movimento con i quali è possibile però avviare un dialogo, ma soprattutto, le quote di mercato del commercio equo in generale, e ancor più dei negozi, sono allo stato attuale troppo basse per soddisfare le esigenze dei produttori. Alla luce di queste conclusioni gli attori del CEeS Italiano, pur tenendosi saldi ai valori e ai principi di fondo, hanno cominciato a cambiare pelle. Le maggiori dimensioni, le nuove sfide, la complessità di un commercio che deve far quadrare i conti e rispettare le scelte etiche, comportano il bisogno di sviluppare nuove professionalità e nuove realtà economiche. Ctm sostiene un modello di cooperazione integrata, con l’obiettivo di battere su tutti i tasti del CEeS: reti, servizi e prodotti; il consorzio si è dato una struttura aziendale investendo sulla formazione e sul personale, raddoppiando gli addetti retribuiti fra il 1998 e il 2002, e ha creato i responsabili di area: marketing, comunicazione, educazione, microcredito[11]. Una risposta a questo bisogno di cambiamento la stanno dando le cellule delle reti solidali che si moltiplicano nell’ambito di Distretti d’Economia Solidale che includono consumatori, produttori, commercianti, artigiani e piccoli imprenditori. Ciascuna cellula alimenta l’altra: i membri di una cooperativa d’agricoltura biologica acquisteranno beni e servizi da altri membri della rete, tutti frequenteranno la lavanderia ecologica della zona e acquisteranno merci nei negozi amici. Di cellula in cellula, raccogliendo risparmio e integrando produzione e consumo, la rete può crescere e allargarsi secondo valori e modelli che prescindono dai rapporti di produzione prevalenti e si propongono anzi di massimizzare il benessere collettivo e la tutela dell’ambiente. Attorno a questi concetti si comincia a immaginare una “rivoluzione delle reti” che mette in discussione, e alla fine capovolge, i principi dell’economia capitalistica: alla logica del massimo sfruttamento del lavoro si contrappone l’obiettivo della riduzione del tempo di lavoro; alla libera iniziativa individuale, la libera iniziativa sociale; alla dipendenza dai capitali esterni, la crescita del risparmio interno e così via. Percorso verso le Reti di Economie Solidali Il progetto 'RES' (Rete di Economia Solidale) è un esperimento in corso per la costruzione di una economia 'altra', a partire dalle mille esperienze di economia solidale attive in Italia. Questo progetto in costruzione, segue la 'strategia delle reti'[12] come pista di lavoro; intende cioè rafforzare e sviluppare le realtà di economia solidale attraverso la creazione di circuiti economici, in cui le diverse realtà si sostengono a vicenda creando insieme spazi di mercato finalizzato al benessere di tutti. Questo percorso è stato avviato il 19 ottobre 2002 a Verona nel corso di un seminario sulle 'Strategie di rete per l’economia solidale' promosso dal GLT Impronta Ecologica e Sociale della rete di Lilliput; nel corso del seminario le numerose realtà convenute hanno deciso di affrontare questo viaggio collettivo. Un primo passo è stata la definizione della 'Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale', presentata al salone Civitas di Padova il 4 maggio 2003. Ora il percorso prevede l’attivazione di reti locali di economia solidale, denominati 'Distretti', come passaggio fondamentale per la costruzione di una futura rete italiana di economia solidale. L’attivazione di questi esperimenti ha il fine di poter verificare nel concreto, a partire dalla dimensione locale, l’efficacia della strategia delle reti e della democrazia partecipativa, così da consentire la valutazione e la diffusione di queste esperienze. Questo progetto è sostenuto da un gruppo di lavoro su base volontaria a cui partecipano diversi soggetti dell’economia solidale italiana[13]. La necessità di una trasformazione verso una società conviviale, rispettosa delle persone, dell’ambiente e dei territori è condivisa da molti soggetti che operano in diversi campi: sociale, culturale, ambientale, politico ed economico; la trasformazione che auspichiamo dovrebbe infatti coinvolgere tutti questi aspetti. Tra le molte, due organizzazioni a rete sono vicine alla Rete di Economie Solidali per condivisione degli orizzonti, degli obiettivi generali e delle modalità operative: queste sono la Rete Lilliput (che ha dato avvio e sostiene la Rete di Economie Solidali) e la Rete dei Nuovi Municipi (che collabora con la Rete di Economie Solidali). La prima opera principalmente attraverso strumenti di sensibilizzazione e pressione, mentre la seconda agisce in ambito istituzionale attraverso il coinvolgimento degli enti locali. Queste due reti condividono la prospettiva dello sviluppo locale autosostenibile ed è in primo luogo con esse che si può avviare la costruzione di spazi pubblici territoriali per il raccordo partecipato tra i diversi interventi di trasformazione, a livello dei sistemi ecologico, economico e politico-sociale e valoriale. La Rete di Economie Solidali, all’interno di tali “spazi pubblici” avrebbe il ruolo di sviluppare l’economia liberata, ed è quindi aperta a collaborare con tutte le altre reti e soggetti che condividano tale prospettiva di fondo o che intervengono sul terreno dell’autosviluppo locale sostenibile. Per quanto riguarda il campo più specifico della attività economica, in Italia sono già attive diverse organizzazioni di settore che radunano i soggetti che operano in un settore dell’economia; in particolare: AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile), AFE (Associazione Finanza Etica), AGICESS (Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo
Coltivare Fragole

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Coltivare Fragole

il dic 23 2024
Coltivare Fragole Le fragole sono “cugine” dei frutti bosco, si differenziano dal fatto che crescono da aiuola invece che su cespugli e steli. È una pianta facile da piantare, è ideale anche per la coltivazione su balcone o terrazzo, quindi la possono coltivare anche chi non ha a disposizione grandi spazi. Della fragola ci sono tre specie, la prima è la pianta che produce un solo raccolto e molto abbondante verso l’inizio dell’estate, la seconda di tipo perenne che produce più raccolti dall’estate all’autunno,  e la terza che sono le fragoline di bosco che producono dei frutti piccoli durante il periodo estivo. Tra queste varietà, come fruttificazione estiva, consigliamo la Cambridge Favourite e la Red Gauntlet, mentre come fragoline di bosco la Alexandira, la Frais des Bois ela Baron Solemacher.  La fragola è una pianta perenne quindi non è necessario acquistarne di nuove ogni anno, è comunque consigliabile cambiarle dopo tre o quattro anni in quanto nel tempo riducono la loro produzione. Se volete piantare questo frutto ricordate che crescono in tutti i i terreni da giardino e prediligono i terreni ben drenati e ricchi di humus. Preparate il terreno almeno un mese prima, se potete, mettetele a dimora in posizione aperta e ben soleggiata. Quando cominceranno ad apparire i frutti mettete uno strato di 5 cm di paglia sotto alla pianta. Quest’operazione farà si che il frutto non marcisca. Se non avete paglia va benissimo anche un telo di plastica. Importante è che non stiano a contatto con l’umidità del terreno. Anche gli uccelli potrebbero essere un problema per le vostre piantine, consigliamo quindi di proteggerle con delle reti. Altro problema per le vostre piante potrebbero essere gli afidi, le chiocciole e le lumache. Quando dovete raccogliere i frutti fatelo in una giornata asciutta e soleggiata.
Permacultura

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Permacultura

il dic 23 2024
La Permacultura La permacultura è un sistema di progettazione per la creazione di insediamenti umani sostenibili. Il termine deriva dalla contrazione non solo di “permanent agricolture” ma anche di “permanent culture” al momento che una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile e un’etica dell’uso della terra. A un primo livello la permacultura si occupa di piante, animali, edifici e infrastrutture (acqua, energia, comunicazioni). Tuttavia, la permacultura non considera tali elementi come a sé stanti quanto piuttosto come relazioni che si possono stabilire tra loro, in base al modoin cui essi sono collocati in una determinata area. Lo scopo è la creazione di sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente produttivi, in grado di provvedere ai propri fabbisogni, evitando ogni forma di sfruttamento e inquinamento e quindi sostenibili sul lungo periodo. La permacultura valorizza le qualità intrinseche di piante e animali, unite alle caratteristiche naturali dell’ambiente e alle peculiarità delle infrastrutture al fine di creare, in città e in campagna, sistemi in grado di sostenere la vita utilizzando la minore superficie possibile di terreno. La permacultura si basa sull’osservazione dei sistemi naturali e utilizza sia la saggezza dei metodi di coltivazione tradizionali, sia le moderne conoscenze scientifiche e tecnologiche. Anche se è basata su solidi modelli ecologici, la permacultura crea comunque un ambiente coltivato, progettato per produrre alimenti per uso umano o animale in misura maggiore rispetto a quanto avviene generalmente in natura.
La Rivalutazione dell'Autoproduzione

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La Rivalutazione dell'Autoproduzione

il dic 23 2024
La rivalutazione dell’AUTOPRODUZIONE. La rivalutazione dell’autoproduzione di beni non solo consente di ridurre il consumo di merci e, di conseguenza, il prodotto interno lordo, ma anche di riscoprire un sapere e un saper fare dimenticati, considerati arretrati e poco scientifici perché non finalizzati ad accrescere le quantità. Ha quindi una grande valenza culturale, che non si limita a questo recupero di conoscenze, ma, cosa ancora più importante, libera dalla dipendenza assoluta dalle merci. Emancipa dalla subordinazione alle leggi del mercato. Aumenta il prezzo della frutta? E chi se ne importa, se me la produco io. Magigore è la quantità di beni che si sanno auto produrre, minore è la quantità di merci che occorre comprare, meno denaro occorre per vivere. Non si è costretti a incolonnarsi tutti giorni feriali due volte al giorno sulle tangenziali per andare a guadagnare un salario con cui acquistare tutto ciò che non si sa autoprodurre. Non si ha bisogno di incolonnarsi tutti i giorni festivi sulle autostrade nell’illusorio tentativo di recuperare con altro stress lo stress accumulato nella settimana lavorativa. La sostituzione delle merci con beni, dell’acquisto con l’autoproduzione, comporta dunque una decrescita del prodotto interno lordo, ma non ristrettezze di approvvigionamento, sacrifici e rinunce. Ne derivano anzi sensibili miglioramenti della qualità della vita individuale e delle condizioni ambientali. La frutta e la verdura autoprodotte non sono nemmeno paragonabili qualitativamente a quelle prodotte industrialmente. Inoltre, nel loro statuto ontologico non esiste il carattere della crescita, perché non ha nessun senso produrne più di quanta se ne consuma e se ne dona. Chi ne auto producesse più del suo fabbisogno farebbe soltanto una fatica inutile. E se nel loro statuto ontologico non esiste il carattere della crescita non esiste nemmeno la necessità delle protesi chimiche per sostenerla (antiparassitari, diserbanti, fitofarmaci, concimi di sintesi). Non c’è quindi inquinamento dei suoli, né l’inqunamento dell’aria causato dai consumi di energia necessari a produrre e trasportare le protesi chimiche, né quello causato dal trasporto delle merci dai produttori ai consumatori. Non ci sono imballaggi né rifiuti da raccogliere e smaltire. E ognuno di questi vantaggi è un fattore di decrescita. Tratto dalla Decrescita Felice di Maurizio Pallante
Utensili per la coltivazione dell'orto

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Utensili per la coltivazione dell'orto

il dic 23 2024
Utensili per la coltivazione dell'orto Se avete intenzione di coltivare un piccolo pezzo di terreno, su giardino, su uno spiazzo dietro casa o sul terrazzo di un’abitazione, avrete necessità di possedere una serie di utensili indispensabili per assolvere al vostro bisogno di coltivatori del vostro orto. Di seguito menzioniamo i più indispensabili, senza i quali si riuscirebbe a fare ben poco. Vanga: è utilizzato per smuovere superficialmente la terra. Lo scopo principale dell’uso di questo utensile  è quello di dissodare il terreno suddividendolo in zolle. Si differenzia da un badile in quanto si usa in modo differente, infatti la vanga viene spinta nel terreno con la forza del piede e non con le braccia, inoltre la sua lama è molto meno incurvata. Pala: detta comunemente anche badile è l’attrezzo atto a rimuovere o a raccogliere terra, fieno,  pietrame o altro materiale minuto. Zappa: Ideale per lavorare la terra rompere il terreno, estirpare erbe inutili o nocive. Questo utensile è il più antico e il più diffuso al mondo. Rastrello: serve a raccogliere erbacce, foglie secche, fieno, paglia, ecc. Può essere utilizzato anche per pareggiare la ghiaia nei viali e nei cantieri. Annaffiatoio: chiamato anche bagnafiori, contiene acqua per bagnare piante o fiori da vaso o anche piccoli giardini. Foraterra: è un paletto a punta, serve per fare buchi nel terreno. È particolarmente indicato per mettere a dimora le piantine nella fase di coltivazione. Secchio: contenitore cilindrico o conico. Viene usato per trasportare acqua, sabbia, ortaggi, frutta e, se avete degli animali per portare gli alimenti agli animali. Cesoia: utensile che possiede la forma di una grossa e robusta forbice, particolarmente indicata per  operazioni di  potatura e di taglio di piccoli rami. Altri utensili che potrebbero esservi utili nel vostro orto in fasi successive all’inizio della vostra attività di agricoltori potrebbero essere: sega, carriola, scopa, trapiantatore, forca a mano, piccone, spruzzatore e tubo flessibile. Un consiglio che possiamo darvi è quello di utilizzare attrezzi di qualità, in quanto il lavoro sulla terra è duro e l’utilizzo di utensili di buona qualità potrebbero aiutarvi a risparmiare fatica, oltre che a durarvi  più a lungo nel tempo.
Ritorno all'allevamento

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Ritorno all'allevamento

il dic 23 2024
Ritorno all’allevamento Ormai da tempo anche nel nostro Paese si è diffuso il fenomeno dell’agricoltura amatoriale, riguarda persone la cui attività lavorativa principale si svolge al di fuori del settore agricolo e zootecnico, e che nel loro tempo libero si dedicano alla coltivazione degli ortaggi e piante da frutto. Negli ultimi anni però stanno aumentando sempre più le persone che integrano l’attività agricola  con l’allevamento su piccola scala degli avicoli. I motivi che spingono ad allevare animali da cortile sono principalmente quello di produrre le uova e la carne da consumare in famiglia o con gli amici e quella di chiudere il cerchio cominciato con la coltivazione di piantine da orto. Infatti un piccolo pollaio può aiutare la fase agricola attraverso la produzione di concime naturale, il quale viene prodotto continuamente ed è quindi sempre disponibile ad ogni evenienza, in più la gallina mangia gli scarti prodotti dall’orto limitando in questo modo gli avanzi  che si creano nella filiera di produzione. Il piccolo pollaio, inoltre, gratifica l’allevatore quasi ogni giorno con le sue uova fresche e cosa da non sottovalutare è che la gallina è un ottimo animale da compagnia, molto intelligente e fedele. L’allevatore amatoriale di avicoli infatti è molto attento al benessere degli animali, alla qualità delle produzioni e quando possibile, alleva razze locali preservando così la biodiversità. Insomma questo ritorno all’agricoltura e all’allevamento è una cosa meravigliosa per questo motivo sempre più persone si stanno avvicinando a questo mondo.
I Pavoni

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I Pavoni

il dic 23 2024
Il pavone è uno splendido uccello, allevato soprattutto a scopo ornamentale, abbastanza diffuso nelle nostre campagne e nei giardini. Due sono le speciali razze allevate dall’uomo: il Pavone comune e il pavone specifero. Il primo è originario delle regioni boscose dell’India, delle pendici meridionali dell’Himalaya e dello Sri Lanka, lo specifero è originario dell’Indocina. Di seguito parleremo delle razze più comune di pavoni presenti nei nostri territori. Il Pavone comune o Pavone Blu: è il pavone più allevato nelle campagne e nei giardini. Nel maschio adulto è presente un ciuffo occipitale formato da penne colore verde-azzurro. Il collo, la parte superiore del dorso e il petto presentano un colore metallico con riflessi verdi. La massa dello strascico, formato dalle penne del sopracoda, assume una tinta fondamentalmente bronzo-rame-dorata tempestata di “occhi”. La vera coda ha invece un colore bruno come il ventre. I maschi giovani sono privi di strascico e dopo la prima muta assomigliano alle femmine. Caratteri distintivi che li differenziano dalle femmine sono le ali remiganti primarie color castano chiaro, più o meno macchiate di nero anziché bruno scuro, ali strisciate di color bruno pallido e nero come nei maschi adulti. Le femmine adulte presentano un ciuffo occipitale come nel maschio. La parte inferiore del collo, del dorso e del torace è verde dorato mentre la parte superiore del collo è color castano. Le altre parti del corpo, comprese le ali, sono di color bruno, la coda è di color bruno scuro leggermente macchiata di bianco. Il Pavone Specifero: Questa specie differisce dal pavone comune per la mole, molto più grande, per la diversa forma del ciuffo del capo e per il colore, vere-metallico dorato, che predomina su tutta la livrea. Proprio per quest’ultima caratteristica il pavone specifero è detto anche pavone verde. Pavone Bianco: Caratterizzato d una livrea completamente bianca, è uno splendido animale molto ricercato per abbellire parchi e giardini. "
I GAS (Gruppi di Acquisto Solidali)

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I GAS (Gruppi di Acquisto Solidali)

il dic 23 2024
I Gruppi di Acquisto Solidali, detti più semplicemente GAS, nascono e si diffondono come gruppi di consumatori organizzati che scelgono alcuni produttori da cui rifornirsi direttamente attraverso ordini collettivi. I GAS nascono per facilitare l’incontro tra la domanda dei consumatori che richiedono prodotti gustosi, sani e compatibili e l’offerta dei piccoli produttori biologici che, nonostante la qualità dei loro prodotti, rischiano l’estinzione se non dispongono di canali di commercializzazione alternativi rispetto alla grande distribuzione. Come per il commercio equo e solidale, anche in questo caso l’economia diventa uno strumento per stabilire dei rapporti. Chi partecipa a un GAS è una sorta di obiettore di coscienza. Sfugge alle costrizioni dell’iperconsumo e recupera in tutti i suoi risvolti l’autonomo uso del proprio tempo. Nell’ambito dei GAS è rifiorita anche la pratica dell’autoproduzione, infatti le persone stanno riscoprendo l’orticoltura, non a caso rispuntano orti sia individuali che collettivi, sia in campagna che nei balconi delle case in città, c‘è chi autoproduce passate di pomodoro, birra, marmellate, saponi e detersivi. I più intraprendenti si sono impegnati nella pratica dell’allevamento di animali selvatici e da cortile quali polli, galline ovaiole, conigli, oche, anatre, api, ecc.  Queste pratiche aiutano quindi le persone a riscoprire il rapporto con la terra, le stagioni e le persone. Facendo questo ne ricavano PRODOTTI A METRI ZERO, di qualità e provenienza sicura.
Mangiare uova aiuta la memoria

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Mangiare uova aiuta la memoria

il dic 23 2024
Le uova aiutano a proteggerci dalla perdita di memoria. Secondo uno studio dei ricercatori della Tufts University questo alimento, prodotto dalle galline, consente di ridurre gli effetti della degenerazione cognitiva grazie ad alcune preziose sostanze in esso contenuto come antiossidanti quali la  luteina e la zeaxantina. Lo studio è durato sei mesi, in questo tempo sono stati analizzati dei volontari  i quali sono stati suddivisi in due gruppi: al primo gruppo è stato fatto mangiare due uova al giorno mentre il secondo gruppo non ha mai mangiato nessun uovo. Alla fine i due gruppi sono stati sottoposti ad alcuni test cognitivi per valutarne le differenti prestazioni in operazioni relative a memoria, logica, capacità di attenzione e fluenza verbale. I risultati ottenuti sono stati sconvolgenti, infatti coloro che all’interno della loro dieta assumevano uova mostravano un aumento significativo delle prestazioni cognitive rispetto agli altri. Le uova sono dunque un  alimento che potrebbe essere aggiunto alla lista dei cibi in grado di proteggere la memoria a tavola.
Orticoltura: La conformazione del terreno

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Orticoltura: La conformazione del terreno

il dic 23 2024
Prima di cominciare la vostra attività agricola dovreste capire come è composto il vostro terreno. La conformazione del terreno può essere suddivisa in quattro gruppi principali: Suolo Sabbioso: leggero e facile da vangare, di consistenza granulosa. L’acqua drena molto rapidamente, infatti il terreno diventa asciutto in tempi molto brevi rispetto agli altri tipi di suolo. è quindi importante che il terreno sia ben nutrito con composti organici quali letame e compost. Suolo Argilloso: Pesante e difficile da lavorare, di consistenza dura e appicicaticcia. Non drena in modo efficace e in caso di siccità può diventare molto duro. È consigliabile una vangatura incorporata con grandi quantità di materia organica. Suolo Limoso: terreno perfetto per tutti i tipi di coltivazione. Di colore scuro, ha una consistenza friabile, se annaffiato non diventa ne granuloso ne forma grumi. Torba: ideale per la coltivazione. È un terreno molto organico, estremamente fertile e di solito è anche facile da lavorare. È molto difficile da trovare in quanto è il risultato della crescita e decomposizione di piante che sono presenti sul terreno da molti anni. Per capire che tipo di terreno avete a disposizione potreste fare un facile test con un barattolo di conserva. Per effettuare il test dovreste prendere una manciata di terra e metterla all’interno del barattolo con dell’acqua per una notte intera. Al mattino la ghiaia e la sabbia saranno depositati sul fondo, nella parte intermedia ci sarà della materia granulosa, sulla parte sopra dovreste trovare l’argilla. Se la ghiaia e la sabbia costituiscono lo strato più grande il terreno è sabbioso, se la materia granulosa è, insieme agli altri due strati, in percentuale superiore al 30% siamo in presenza di un terreno limoso. Mentre se la parte superiore è pari al 50% del contenuto siamo in presenza di un terreno argilloso.
Conservare Frutta e Verdura, strumenti e metodi

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Conservare Frutta e Verdura, strumenti e metodi

il dic 23 2024
Trasformare e conservare frutta e verdura con tecniche casalinghe può diventare un piacevole hobby. Il periodo migliore per farlo è quello estivo, stagione in cui la natura mette a disposizione il maggior numero di frutta e verdura. Conservare significa bloccare il processo di deperimento degli alimenti. Per fare ciò bisogna seguire dei procedimenti precisi: attraverso gli ingredienti conservanti, la cottura, la sterilizzazione e l’essicazione. Innanzitutto per conservare la vostra frutta e verdura dovrete procurarvi tutta l’attrezzatura di cui avrete bisogno. Quindi bisogna premunirsi di pentole, meglio se in acciaio inossidabile in quanto gli in gradienti aciduli potrebbero intaccare altri tipi di metallo. Servono poi colapasta, colini di varie misure, passaverdure, alcune brocche e almeno una caraffa graduata. Importantissimi saranno mestolo e imbuto. Per tagliare la frutta e verdura coltelli, pelapatate, tagliere e bilancia. Nella fase finale mixer, centrifughe, essiccatori ad aria calda e piccole autoclavi per la sterilizzazione. Ultimi ma non per importanza, i contenitori che non devono essere troppo grandi in quanto una volta aperti il tutto va consumato entro un breve periodo di tempo. Per la conservazione bisogna trovare un ambiente che sia asciutto, fresco, ventilato e buio. I metodi di conservazione della frutta sono: marmellate e confetture, frutta al naturale, sciroppata, sotto spirito, essiccata, gelatine, sciroppi e succhi. I metodi di conservazione della verdura sono invece: al naturale, sottoaceto, sottolio, sottosale e in salamoia. Metodi di conservazione della frutta Marmellate e confetture: è il metodo più semplice e si realizza attraverso la cottura della frutta con lo zucchero. La cottura è la parte più importante. Deve essere lenta e lunga. Frutta al naturale: altro metodo semplice, molte volte vede l’impiego di sola frutta. Frutta sciroppata: questo metodo prevede l’utilizzo di fruta con polpa soda e integra. Deve essere cotta con uno sciroppo di acqua e zucchero, una volta invasata deve essere ricoperta dello sciroppo. Frutta sotto spirito: In questo caso non c’è bisogno di sterilizzazione in quanto l’alcol ha un’azione battericida. Questa tecnica prevede sia la preparazione al naturale che sotto spirito. Frutta essiccata: attraverso l’essicazione viene estratta l’umidità e grazie a questo processo si priva la frutta dei batteri che la fanno marcire. Una volta ottenuta l’essiccatura bisogna conservare i prodotti in un luogo arieggiato e il barattolo non deve essere chiuso ermeticamente. Quando si vuole mangiare il prodotto lo si può reidratare immergendolo in acqua o si può gustare essiccato. Le gelatine: si ottengono facendo bollire il succo della frutta in uno sciroppo di acqua e zucchero. Sciroppi: è una soluzione concentrata di zucchero e succo di frutta. Succhi: è la trasformazione della frutta in bevanda. Metodi di conservazione della verdura Al naturale: si utilizzano le verdure crude, una volta lavate e tagliate vanno invasate e sterilizzate immergendo i recipienti, ermeticamente chiusi, in acqua fredda portata a ebolizzione. Sottoaceto: questa tecnica prevede l’uso dell’aceto di vino bianco o di mele. L’aceto deve essere di ottima qualità. Va utilizzato o solo come riempimento dei vasi o può essere impiegato nella fase di cottura mescolato a un po’ d’acqua. Per questa tecnica bisogna usare pentole in acciaio inossidabile a causa dell’effetto corrosivo dell’aceto. Sottolio: Meglio se extravergine di oliva. Importante che la verdura venga ricoperta completamente dall’olio. Sottosale: Meglio se sale marino non raffinato. Si possono usare, oltre che ai recipienti in vetro, anche quelli in legno, coccio o plastica. Salamoia: Consiste nel tenere le verdure sottovetro in una soluzione di acqua e sale. È possibile che l’acqua venga fatta bollire e poi fatta sbollentare prima di unirla alle verdure. Consigli utili: Evitare di usare primizie La verdura o la frutta cuociono ancora dopo l’invasamento, quindi non cuocetele eccessivamente, meglio lasciarli al dente. L’invasatura va fatta lasciando 1-2 centimetri tra alimento e bordo. Meglio lasciare passare mezza giornata dopo la cottura prima di invasare Bisogna gettare le conserve che non hanno ottenuto l’effetto sottovuoto Prima di consumarle sarebbe preferibile attendere 2-3 mesi.
Farfalle, le specie più comuni in italia

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Farfalle, le specie più comuni in italia

il dic 23 2024
L’Italia è un paese dove le farfalle sono molto numerose. Infatti il clima variegato della nostra penisola e gli enormi spazi verdi che abbiamo a disposizione sono un luogo di proliferazione ideale per un vasto numero di specie di farfalla. Di seguito elencheremo le più comuni. Aglaia: predilige i giardini e i prati fioriti. La si può vedere per un periodo che va da giugno ad agosto. Cedronella: attirata da qualsiasi tipo di area fiorita. La si può trovare da febbraio a settembre. In un anno può compiere una seconda generazione. Colia gialla: predilige i molto i fiori, di qualsiasi qualità. Nei prati verdi è attirata fortemente dal trifoglio. La si può vedere volare da maggio a novembre.   Licena: attirata soprattutto dai prati verdi, dove predilige posarsi sulle piantine erbacee. La si osserva da aprile ad ottobre.   Macaone: predilige tutti i fiori ricchi di nettare. È una delle specie più belle che si possano trovare in Italia e vola da aprile a settembre. Melitea: la si può trovare sia sui giardini e sui prati fioriti. Vola da maggio a settembre e la sua caratteristica principale è che produce tre generazioni all’anno. Podalirio: molto simile al macaone, ama i fiori ricchi di nettare e vola da aprile a settembre.   Sfinge del gallio: caratterizzata da una lunga spiritromba (organo con il quale sugge il nettare). Per come sugge il nettare ricorda il colibrì, la si può trovare da maggio a novembre. Vanessa del cardo: è una farfalla migratrice, si posa sulla maggior parte delle piante fiorite. La sua pianta preferibile rimane comunque il cardo. La si vede volare da maggio a ottobre.
Tenere degli Animali cose da considerare prima di acquistarli!!!!

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Tenere degli Animali cose da considerare prima di acquistarli!!!!

il dic 23 2024
Avere degli animali da accudire può essere un vero piacere, in alcuni casi vi fornisce anche di una produzione alimentare altamente nutrizionale e gustosa.  La cosa più importante da considerare quando si acquistano degli animali è che richiedono una grossa responsabilità. Infatti la salute e la felicità dei vostri animali dipende unicamente da voi. Una delle prime cose da tener presente è che prima di acquistare le bestie dovete aver già predisposto l’alloggiamento che ospiterà i vostri piccoli amici. I vostri nuovi piccoli amici saranno felici se potrete tenerli in condizioni quanto più simili alla loro vita in natura. L’alimentazione varia da animale ad animale, ma ricordatevi che ogni animale ha i suoi gusti, è quindi consigliabile passare del tempo ad osservarli per capire, tra gli alimenti con cui possono nutrirsi, cosa gli piace e cosa non gli piace. Per quanto riguarda la loro salute dovete tenere a mente che se tenete un numero basso di esemplari e li trattate con le dovute cure hanno buone possibilità di vivere sani e senza nessun problema. Qualora notaste delle anomalie sui comportamenti e sulle abitudini alimentari vi consigliamo comunque di consultare un veterinario. Se voleste creare un allevamento di polli, galline, conigli, api, capre, maiali, anatre, oche, ecc. vi consigliamo, se siete dei neofiti nel campo, di partire comunque in piccolo. Partite eventualmente con pochi animali e aumentatene il numero poco alla volta. Partire subito con un allevamento importante senza avere la dovuta esperienza può compromettere i vostri progetti fin dalle prime battute.
Uccelli Selvatici in Italia

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Uccelli Selvatici in Italia

il dic 23 2024
Intorno a noi, visibili o nascosti, vocianti o silenziosi, vivono tanti uccelli. Se avessimo il tempo di fare attenzione a quello che succede intorno a noi, magari proprio nel nostro giardino, potremmo vedere e conoscere vari tipi di specie di uccelli di cui nemmeno conoscevamo l’esistenza. Per questo di seguito inseriremo un piccolo elenco di uccelli che vivono nel nostro paese e che potremmo notare fuori della finestra di casa nostra. In tutta Italia possiamo trovare: l’assiolo, il balestruccio, il barbagianni, la capinera, il cardellino, la cinciallegra, la cinciarella, la civetta, il fringuello, il gheppio, la ghiandaia, la rondine, la passera scopaiola, il passero comune, il pettirosso, la poiana, il rondone e lo scricciolo. Nelle sole zone interne: la cincia bigia, la cincia mora, il codirosso e il tordo bottaccio. Nelle sole zone costiere: la tortora dal collare, il rampichino e il picchio muratore. Chiaramente non abbiamo inserito tutte le specie presenti in Italia, trovate le più comuni e particolari. C’è da dire che tutti questi animali come ambiente di vita prediligono le campagne, i boschi, i vigneti, i frutteti, le siepi, i parchi e giardini, non è comunque escluso trovare uccelli in città, molte specie amano anche gli ambienti occupati dall’uomo, perché vi trovano facilmente il cibo e non sono particolarmente infastiditi dalla nostra presenza, come ad esempio i merli e il passero comune.
Come fare per attirare farfalle sul proprio prato o giardino

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Come fare per attirare farfalle sul proprio prato o giardino

il dic 23 2024
Se amate questo animale avete molte possibilità di poterle attirare nel vostro giardino. Infatti le farfalle prediligono dei fiori piuttosto che altri, e adottando qualche accortezza si possono facilmente creare le condizioni necessarie  per un loro sviluppo nel vostro angolo di verde. Il miglior modo per poter attirare questi animali è quello di coltivare piante da fiore che forniscano una buona quantità di nettare.  Prima di cominciare la coltivazione dei fiori è però necessario valutare alcune cose. Infatti il giardino deve essere riparato dal vento, se fosse delimitato da una siepe sarebbe la cosa migliore, in quanto, oltre che a riparare dal vento creerebbe uno spazio delimitato dove le farfalle possono rimanere. Altra caratteristica importante che dovrebbe avere il piccolo prato è una zona completamente assolata, infatti questi piccoli animali adorano il sole. Sarà altresì importante dotarsi di una struttura sopraelevata dove le farfalle possano incontrarsi e corteggiarsi. Se voleste essere proprio sicuri di aver creato il giusto habitat per le farfalle dovreste avere anche una piccola pozza d’acqua per permettere alle farfalle di dissetarsi senza doversi spostare in altri prati o zone. Ciliegina sulla torta sarebbe quello di avere nel prato qualche albero da frutto, infatti le farfalle non si nutrono di solo nettare ma anche di sostanze zuccherine. Di seguito troverete alcune piante ideali per attirare le farfalle nei vostri prati: Buddleia: è la pianta migliore per attirare le farfalle, infatti è nota come “pianta delle farfalle”. Eliotropio: I suoi fiori odorano di vaniglia, questo profumo è amato da quasi tutte le specie di farfalle. Lantana: altra pianta molto indicata per attirare farfalle. Lavanda Selvatica: attira farfalle e bombi, i quali sono degli insetti molto utili nei giardini. Verbena: I suoi fiori estivi sono un toccasana per le farfalle nel periodo più caldo dell’anno. Anche molte piante selvatiche possono attirare le farfalle, tra queste ricordiamo i cardi, la carota selvatica, il trifoglio, il fiordaliso e l’ortica.
Dal produttore al consumatore

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Dal produttore al consumatore

il dic 23 2024
Chi decide di allevare dei polli con un pollaio in legno, oltre che trovarsi ad accudire degli animali da cortile si ritroverà in casa dei produttori di uova fresche. Quindi a quel punto non si avrà più bisogno di acquistare uova al supermercato. Dal punto di vista ambientale questo significa che si risparmierà in imballaggi di plastica, in costi di trasporto e quindi conseguente in consumo di carburante. In più questa pratica di produzione darà la garanzia inconfutabile di avere delle uova fresche e biologiche al 100%, in quanto si conoscerà bene le abitudini del produttore in quanto si tratterà proprio della gallina allevata nel proprio pollaio in legno. Ci sarà dunque la sicurezza che l’uovo che si sta mangiando non arriva da una gallina allevata in batteria.