La Rivalutazione dell'Autoproduzione

28 Aprile 2014
La Rivalutazione dell'Autoproduzione

La rivalutazione dell’AUTOPRODUZIONE.

La rivalutazione dell’autoproduzione di beni non solo consente di ridurre il consumo di merci e, di conseguenza, il prodotto interno lordo, ma anche di riscoprire un sapere e un saper fare dimenticati, considerati arretrati e poco scientifici perché non finalizzati ad accrescere le quantità. Ha quindi una grande valenza culturale, che non si limita a questo recupero di conoscenze, ma, cosa ancora più importante, libera dalla dipendenza assoluta dalle merci. Emancipa dalla subordinazione alle leggi del mercato. Aumenta il prezzo della frutta? E chi se ne importa, se me la produco io. Magigore è la quantità di beni che si sanno auto produrre, minore è la quantità di merci che occorre comprare, meno denaro occorre per vivere. Non si è costretti a incolonnarsi tutti giorni feriali due volte al giorno sulle tangenziali per andare a guadagnare un salario con cui acquistare tutto ciò che non si sa autoprodurre. Non si ha bisogno di incolonnarsi tutti i giorni festivi sulle autostrade nell’illusorio tentativo di recuperare con altro stress lo stress accumulato nella settimana lavorativa. La sostituzione delle merci con beni, dell’acquisto con l’autoproduzione, comporta dunque una decrescita del prodotto interno lordo, ma non ristrettezze di approvvigionamento, sacrifici e rinunce. Ne derivano anzi sensibili miglioramenti della qualità della vita individuale e delle condizioni ambientali. La frutta e la verdura autoprodotte non sono nemmeno paragonabili qualitativamente a quelle prodotte industrialmente. Inoltre, nel loro statuto ontologico non esiste il carattere della crescita, perché non ha nessun senso produrne più di quanta se ne consuma e se ne dona. Chi ne auto producesse più del suo fabbisogno farebbe soltanto una fatica inutile. E se nel loro statuto ontologico non esiste il carattere della crescita non esiste nemmeno la necessità delle protesi chimiche per sostenerla (antiparassitari, diserbanti, fitofarmaci, concimi di sintesi). Non c’è quindi inquinamento dei suoli, né l’inqunamento dell’aria causato dai consumi di energia necessari a produrre e trasportare le protesi chimiche, né quello causato dal trasporto delle merci dai produttori ai consumatori. Non ci sono imballaggi né rifiuti da raccogliere e smaltire. E ognuno di questi vantaggi è un fattore di decrescita.

Tratto dalla Decrescita Felice di Maurizio Pallante

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